IL MITO DEI BEI TEMPI ANDATI E LA MIOPIA DEL PRESENTE – DI NICO TANZI
“Secondo uno dei più radicati luoghi comuni, il mondo (così come il nostro paese, che naturalmente non fa eccezione) va sempre peggio. L’elenco dei fatti a sostegno di questa tesi potrebbe essere infinito: una volta sì, che si viveva bene; l’aria era pulita, l’acqua limpida, i cibi genuini, si faceva la spesa al negozietto dietro l’angolo, ci si parlava guardandosi negli occhi, non c’era così tanta violenza, ci si aiutava gli uni con gli altri. Io stesso — non faccio fatica ad ammetterlo — a volte sono vittima di questa sorta di pregiudizio, abbandonandomi a quel sentimentalismo un po’ dolciastro che porta a vagheggiare il bel tempo andato (il passato è sempre fantastico, ci avete mai fatto caso? È incredibile come la dimensione del ricordo arricchisca fino ad aggiungere un tocco favolistico ad avvenimenti, incontri, esperienze lontane nel tempo. Salvo poi, se ci si pensa bene, accorgersi che al momento in cui li avevamo vissuti quei momenti non ci erano sembrati per niente “speciali”)”. Queste le riflessioni che Nico Tanzi affida alle pagine de “La rivista”, mensile diretto a Zurigo da Giangi Cretti.
“Il mito dei bei tempi andati mi è venuto in mente leggendo un testo di Jacopo Fo, che da tempo nel suo sito e nei suoi blog (www.jacopofo.com) propone riflessioni controcorrente e spesso sottilmente intriganti. Lo stesso Fo, insieme a Michele Dotti, si è impegnato a lungo nel raccogliere prove e statistiche per dimostrare che il mondo sta migliorando da secoli, e in particolare nell’ultimo mezzo secolo ha fatto giganteschi passi in avanti.
Ma come? Abbiamo sempre pensato – con il sostegno di allarmi ecologici, titoli allarmistici, editoriali intrisi di pessimismo - che il mondo va a rotoli, che più si va avanti più si peggiora, che siamo sull’orlo del baratro, e adesso ci si viene a dire che è tutto falso, che in realtà le cose migliorano? “Non ci siamo bevuti il cervello”, spiega Fo. “Non stiamo sostenendo che questo mondo è il migliore possibile e tutto va bene. La situazione è intollerabile. Le guerre e la fame uccidono ogni anno milioni di persone, la violenza e l’ingiustizia distruggono ogni possibilità di una vita degna per milioni di individui. Si tratta di una situazione insopportabile, vergognosa. Ma una volta era peggio. Era peggio vent’anni fa, cinquant’anni fa. Per non parlare di mille anni fa!”.
Ed è proprio così. Se proviamo a disinnescare quel filtro emotivo che tinge di rosa il passato distorcendone la percezione in una prospettiva dolcemente nostalgica, ci accorgeremo che nonostante tutto la nostra vita è infinitamente migliore di quella di chi ci ha preceduto su questa terra. È migliore dal punto di vista materiale. È migliore grazie agli strumenti di cui disponiamo.
È migliore perché oggi possiamo vivere di più e meglio, perché guadagniamo di più, perché abbiamo scuole migliori, perché possiamo contare su una rete sociale – dalle pensioni all’assistenza sanitaria, ai servizi – che solo pochi decenni fa i nostri padri non avrebbero neanche potuto immaginare. E per una volta ciò vale non solo per il ricco e opulento occidente, ma anche per i paesi del terzo mondo.
Perché allora continuiamo a dare per scontato che va sempre peggio? Forse perché – come sostiene Fo – “i media hanno scoperto che le cattive notizie fanno vendere più di quelle buone, e quindi ci bombardano con bordate di angoscia allo stato puro e di fobie, con una scelta abile e spietata degli eventi più truculenti». Certo, nessuno che sia sano di mente potrebbe sostenere che «tutto va bene, madama la marchesa”.
Ma qualche volta un sano senso delle proporzioni e della realtà ci aiuterebbe a vivere meglio quelli che in fondo non sono che disagi da nulla in confronto a ciò che l’uomo ha vissuto nel corso della sua storia. Anche di fronte alle minacce più temibili – dal terrorismo (in tutte le sue forme, comprese quelle mediatiche) alla distruzione dell’ambiente su scala planetaria – l’umanità non è disarmata, gli strumenti per rimediare sono alla sua portata. Certo, poi si deve decidere e agire: la responsabilità è di tutti. Se alla catastrofe ci arriveremo davvero, nessuno potrà dire che non ce la saremo cercata”.