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NO BILLAG: LA FEDERAZIONE DELLE COLONIE LIBERE IN SVIZZERA SI SCHIERA PER IL NO

“Un chiaro “no” il 4 marzo all’iniziativa NO BILLAG”. Così il direttivo della Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera (FCLIS) sintetizza quanto emerso a Berna il 3 febbraio scorso, in occasione dell’ultima riunione del direttivo in vista del voto che porterà gli svizzeri alle urne il prossimo 4 marzo per esprimersi sull’iniziativa denominata “No Billag”.


L’iniziativa, ricorda la Federazione, “prevede modifiche dell’articolo 93 che recitano testualmente:
cpv. 3 La Confederazione mette periodicamente all’asta concessioni per la radio e la televisione.
cpv. 4 La Confederazione non sovvenziona alcuna emittente radiofonica o televisiva. Può rimunerare la diffusione di comunicati ufficiali urgenti.
cpv. 5 La Confederazione o terzi da essa incaricati non possono riscuotere canoni.

Inoltre, nelle disposizioni d’entrata in vigore si esplicita:
cpv. 3 Alla data d’entrata in vigore delle disposizioni legali (ndr 1.1.2019!) le concessioni con partecipazione al canone sono revocate senza indennizzo. Sono fatte salve le pretese d’indennizzo per i diritti acquisiti coperti dalla garanzia della proprietà”.
Per la Fclis si tratta di “modifiche radicali ed inequivocabili, che prevedono l’abolizione del canone radiotelevisivo e, di conseguenza, lo smantellamento del servizio pubblico, garantito oggi dalla SSR SRG, tramite le proprie emittenti regionali: RSI, TSR e SRF. Stessa sorte toccherebbe a 34 emittenti locali che, senza il contributo del canone, non avrebbero possibilità di sopravvivere”.

L’iniziativa, accusa la Federazione delle colonie libere, “alimenta l’illusione di un’offerta gratuita, lasciando la libera scelta ai consumatori di pagare quei programmi che scelgono. Un’eventualità questa che, conti alla mano, si rivelerebbe, ben più onerosa di un franco al giorno per economia domestica; a tanto ammonteranno, a partire dal 2019, i costi del canone annuo fissato a 365 franchi. Consegnando la concessione radiotelevisive al libero mercato, con l’azzeramento del canone, che è un esempio concreto di come funzioni il federalismo solidale, verrebbe sancita la fine di un’informazione plurale e plurilingue espressione della specificità dei territori finalizzata alla formazione di libere opinioni, presupposto insostituibile all’esercizio di una democrazia diretta come quella elvetica”.

Per la Fclis, poi, “la scomparsa del servizio pubblico favorirebbe esclusivamente le emittenti straniere e palinsesti nei quali l’informazione, al pari dell’intrattenimento e dello sport, sarebbero organici agli interessi dei privati e accuratamente selezionati in base al profitto in grado di generare. Altrettanto illusorio pensare che, cancellando il servizio pubblico, accusato di bulimia, ne trarrebbero beneficio la stampa e i gruppi editoriali locali. In realtà, a guadagnarne sarebbero le finestre pubblicitarie di emittenti estere oppure le grandi multinazionali dei media elettronici e delle reti sociali”.

Per questo, il direttivo della FCLIS, “con volontà di difendere il servizio pubblico radiotelevisivo, esprime anche l’auspicio che il dibattito generato attorno a questa tematica, non si esaurisca con la votazione. Costituisca invece il punto di partenza di una riforma del sistema radiotelevisivo di servizio pubblico che sia in grado di ottemperare ai compiti che gli sono affidati dalla Costituzione e al contempo sappia valorizzare e profittare dell’intero potenziale dell’italofonia in Svizzera che – conclude – è rilevante anche, e forse soprattutto, al di fuori della Svizzera Italiana”.

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