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ZURIGO IN ITALIANO – DI GIANGI CRETTI



“Con beneficio d’inventario: quest’anno fanno 13. Tante sono, infatti, le edizioni di quello che ormai consideriamo un appuntamento fisso. Per intenderci, di quelli che, se non te li ritrovi in agenda, ne senti la mancanza. Si chiama Zurigo in italiano ed è una manifestazione che, nell’arcobaleno linguistico dell’area metropolitana della capitale economica della Svizzera, in autunno, contribuisce a dar forma e colore alla nostra lingua. Un omaggio al plurilinguismo, ricchezza ineguagliabile di cui gli Svizzeri vanno giustamente fieri e che pur con qualche titubanza alla fine, come testimonia la recente votazione nei Grigioni, difendono. Presuppone collaborazione, passione, buona volontà.


Tratti distintivi di quell’Italia (e di quella Svizzera) che fuori dai confini tracciati dalla geografia (anche linguistica), “pensa, parla, scrive, recita, discute, mangia, ride, e sogna” in italiano, riuscendo nei fatti (seppur minimi pur sempre sintomo di vitalità), almeno per qualche settimana all’anno, nell’impresa virtuosa (e non solo enunciata) di fare sistema”. Alla manifestazione sono dedicati copertina ed editoriale del nuovo numero de “La Rivista”, mensile che Giangi Cretti dirige a Zurigo.

“È cosa nota: protagonisti sono enti, associazioni, istituzioni attivi sul territorio che, a vario titolo e con finalità sostanzialmente riconducibili alla comune affinità (finalità?) culturale, operano nel campo della promozione e nella diffusione della lingua e della cultura italiana. Non sempre è impresa facile. Non solo quella di fare concretamente sistema.

Dopo anni c’è una certa consuetudine e più semplice, quasi naturale, è diventato coniugare legittime (minime e comunque morali) ambizioni (anche l’ego vuole la sua parte), sensibilità e motivi d’orgoglio (sempre meno ancorati ad un glorioso passato) con declinazioni e inclinazioni diverse. Il tutto stemperato nell’obiettivo condiviso: la lingua e cultura italiana soprattutto (ma non, consapevolmente, sopra tutto). Male che vada ci si consola: solo chi non fa non falla.

Negli anni, il modello è rimasto invariato. Semplicissimo e rispettoso di ruoli, funzioni e ragion d’essere degli attori coinvolti: ciascuno propone le proprie attività, assumendosene in toto la responsabilità organizzativa, e le inserisce in un calendario, che abbraccia una finestra temporale, che, giorno più giorno meno, da metà ottobre ci traghetta alle feste di Natale.

In tal modo, tutti concorrono a realizzare un cartellone di proposte che offre agli interessati una cinquantina di incontri con le molteplici espressioni della cultura in lingua italiana (che, in Svizzera, almeno e per fortuna, non è solo cosa nostra). Il valore aggiunto dell’operazione? La promozione comune - che gode di una sorta di moltiplicatore derivato dal calendario condiviso, e di un programma che approfitta, al contempo, di una altrettanto condivisa distribuzione – e la concentrazione delle iniziative a tutto vantaggio della loro visibilità.

Le difficoltà - relative, ci mancherebbe – risiedono nella costante ricerca di modi e strumenti (tutt’altro che disdegnate sono le risorse, anche quelle non esclusivamente finanziarie) per riuscire ad allargare la platea dei fruitori, al fine di tracimare dall’argine dei già convertiti inondando la cerchia dei potenziali convertibili. Puntare sulla qualità, per la quale servono il genio ma utili sono anche i talenti (intesi nel loro significato espressamente venale), anziché sulla quantità (che non fa difetto), premiando la varietà, resta un preciso intento. Con quell’obiettivo, edizione dopo edizione, per nulla accomodati sullo status quo, si continua a lavorare.

Inalterata resta l’aspirazione, puntualmente evocata, che in altre realtà della Confederazione venga mutuata l’esperienza di Zurigo in italiano. Fatte salve le naturali specificità, resta l’auspicio che in un futuro, non molto lontano, accanto a Zurigo prendano vita – perché, come a Zurigo, dettate da esigenze che nascono dal territorio – analoghe iniziative anche a Neuchâtel, Ginevra, Losanna, Lucerna, San Gallo … tutte rigorosamente e gioiosamente in italiano. In fin dei conti, immaginare che un domani tutte queste possano finire sotto l’egida di Svizzera in italiano (va da sé oltre Gottardo) più che un sogno è una prospettiva realistica. Segnali in questo senso ci sono. Giungono con cadenza quasi mensile da Basilea, dove, coordinata dal Consolato, c’è una programmazione di attività veicolata sotto l’egida di Basilea in italiano.

A ciò si aggiunga, fatto straordinario, che si spera non resti tale, che anche da Berna, autorevolmente da Palazzo federale, ne stiano per arrivare. Il prossimo anno il Consiglio nazionale sarà presieduto dalla ticinese Marina Carobbio, la quale ha già dichiarato che condurrà i lavori parlamentari in italiano. Sulla scia di questo annuncio anche i parlamentari svizzeri di lingua italiana hanno comunicato che terranno i loro interventi, non più in francese o eventualmente in tedesco, come d’abitudine, ma esclusivamente nell’idioma di Dante. Non sono rose, pertanto non fioriranno. Però, chissà se sono semi, forse germoglieranno”.

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