FESTA DELLA LIBERAZIONE A BASILEA: IL CONTRIBUTO DI MARIANNA SICA
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Anche al Comites di Basilea la scorsa settimana si è festeggiato il 74° anniversario della Liberazione. In questa occasione, il Comites, insieme al Consolato, ha scelto di dedicare le celebrazioni al ruolo svolto dalle donne nella Resistenza. Si colloca in questo contesto il contributo di Marianna Sica, storica e appartenente alla Rete dei Giovani Italiani a Basilea. Contributo dal titolo “La Resistenza taciuta: il ruolo della donna tra lotta antifascista e emancipazione politica”, che riportiamo per intero qui di seguito: “Quest’anno i Comites di Basilea e il Consolato d’Italia a Basilea hanno scelto di dedicare i dedicare le celebrazioni del 74° Anniversario della Liberazione Italiana al ruolo svolto dalle donne partigiane e al legame tra lotta antifascista e emancipazione politica femminile. La ragione è molto chiara e insieme significativa.
In 70 anni di studi storiografici sulla Resistenza, risulta ancora assente uno studio organico e sistematico in grado di conferire il meritato spazio al ruolo svolto dalle donne nel processo di Liberazione Italiana dal nazifascismo. Un'omissione importante che coinvolge tutte e tutti noi uomini e donne libere, e che interessa soprattutto il valore stesso della Lotta Partigiana su cui si fondano le nostre attuali libertà, i nostri attuali diritti democratici e la stessa Costituzione Italiana, così come oggi la conosciamo e la ereditiamo.
Questo buco storiografico silenzia la voce e dimentica i molteplici corpi femminili che hanno lottato per la conquista della Libertà e che attraverso quella stessa lotta hanno intrapreso il lungo cammino di emancipazione politica. Prima ancora di unirsi fattivamente alla guerra di Resistenza, le donne si sono battute contro l’immaginario e le misure fasciste che tentavano di ridurle ad oggetto unico e privilegiato di mantenimento del focolare; Nel 1927 con il Discorso dell’Ascensione, pronunciato da Mussolini alla Camera dei Deputati, il dittatore confinava le donne al ruolo di «tutrici della demografia nazionale» destinandole all'unico compito di procreare «figli dello Stato». La risposta delle donne non si fece attendere, oltre a ricoprire tutti i ruoli maschili lasciati vacanti dagli uomini partiti per il fronte, le donne, uscite dal focolare per mai più rientrarne, iniziarono a battersi contro la discriminazione di genere a cui il sistema patriarcale tentava di condannarle.
Iniziarono a lottare contro lo sfruttamento selettivo che le coinvolgeva in quanto donne, a casa come nelle fabbriche, intrapresero battaglie per l'uguaglianza dei diritti sul lavoro: dalle mondine emiliane che rivendicarono anche per le donne la giornata lavorativa di 8 ore, alle operaie tessili che organizzarono durante il Ventennio scioperi e occupazioni di fabbriche. Questo afflato politico spinse le donne ad agire in prima persona nella lotta partigiana, non solo con il preziosissimo ruolo di staffette, infermiere, fattorine di stampa clandestina, ma anche come combattenti in armi nei Gruppi di Difesa della Donna, in montagna e in città, dove hanno ricoperto ruoli da sottoufficiali e ufficiali.
Un po' di numeri si rendono necessari per iniziare a rompere il silenzio: 70.000 donne iscritte nei Gruppi di difesa della donna; 35.000 donne che operarono come combattenti; 20.000 patriote, con funzioni di supporto; 4.653 donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 2.756 deportate nei lager tedeschi; 2.900 donne giustiziate o uccise in combattimento; 512 commissarie di guerra; 1.700 donne ferite.
Dopo la Liberazione, nel grande corteo del 1° maggio 1945 in cui sfilarono tutte le formazioni partigiane, gli uomini non vedevano di buon occhio la presenza della brigata femminile. Dopo aver esortato le donne a non raggiungere le città per il corteo, dinanzi alla loro determinazione nel prendervi parte, un dirigente delle Squadre d’Azione Patriottica tentò di persuaderle a sfilare in pantaloni, avrebbero rischiato di sembrare delle poco di buono. Come racconta Massimo Bisca, le partigiane interpellate risposero in malo modo al dirigente, assicurandogli che avrebbero cucito delle gonne appositamente per il corteo, ma al contempo lo misero in guardia «dal toccare le armi dei fascisti che loro stesse avevano conquistato in battaglia».
Il 2 Giugno del 1946, nel Referendum dal quale nacque la Repubblica Italiana, le donne per la prima volta ebbero accesso al voto politico, diritto conquistato grazie al loro protagonismo nella Lotta antifascista; Non si può eludere quanto il pensiero femminile di liberazione sia stato dirimente per quella scelta.
La Costituzione Italiana, la più grande conquista democratica e di libertà che gli uomini e le donne resistenti hanno ottenuto, erede diretta della lotta al fascismo, contiene principi di eguaglianza e parità di genere, sesso e razza che difficilmente sarebbero stati raggiunti senza l'apporto femminile. E le donne che lottarono per la Liberazione continuarono a liberarsi nel dopoguerra per la conquista e la difesa dei propri diritti. Nel 1963 si conquista e viene approvata la legge che vieta il licenziamento «per matrimonio». Nel ’71 la legge per gli asili nido e le scuole materne, nel ’74 la legge che consente alle donne l’accesso a tutte le carriere, nel 1975, viene approvato il nuovo diritto di famiglia, che sancisce la parità tra i coniugi e la pari podestà sui figli. E ancora le pensioni alle casalinghe e la lotta transatlantica per il salario al lavoro domestico; la legge sul divorzio; la tutela della maternità; il diritto di interruzione volontaria di gravidanza, la legge 194, che in questo momento è attaccata dinanzi all’impossibilità di renderla fattiva in molte regioni italiane a fronte dell’altissima percentuale di ginecologi obiettori, e al tentativo di peggiorarla o addirittura eliminarla.
Questo breve e non esaustivo cenno del percorso in fieri di emancipazione della donna, ha l’obiettivo di orientare l’attenzione su quel filo rosso che lega il percorso di liberazione femminile nel nostro Paese alla partecipazione attiva delle donne alla Lotta Partigiana.
Ignorare il ruolo delle donne nella Resistenza si riflette sull’intera vicenda storica, politica e umana della Lotta al Fascismo. Marginalizzare il ruolo avuto dalle donne significa, infatti, amputare in qualche modo l’intero processo di Liberazione di una specificità fondamentale: del connotato corale, sociale, ancor prima che tradizionalmente militare, di quella lotta. Ma silenziare il protagonismo femminile nella lotta antifascista comporta anche la mancata inquadratura della cornice politica e di significato in cui è iniziato il percorso di emancipazione della donna italiana.
Il documentario Libere di Rossella Schillaci ha il merito di restituire voce alle donne partigiane e a rendere evidente quel filo rosso tra la lotta antifascista e l'emancipazione della donna nel nostro Paese. Il film si apre con la registrazione del breve discorso tenuto da Ada Gobetti, unica donna partigiana ad intervenire al convegno del Comitato di Liberazione Nazionale, nel quale invita i convitati, e in particolar modo i giovani, a far luce su ciò che era stato il movimento femminile durante la Resistenza. Vorrei richiamare la vostra attenzione sulle sue parole, anche se dopo le sentirete nel Docufilm, credo sia importante. Il convegno si tenne nell'ottobre del 1965 a Torino.
Ecco il filo rosso tra lotta antifascista e emancipazione politica. Il lavoro della Schillaci ha anche un altro grande merito, che è immediatamente connesso al discorso pronunciato da Ada Gobetti. Il film è stato costruito attraverso un montaggio che alterna le registrazioni sonore delle testimoni – estrapolate dalle interviste filmate a partire dalla fine degli anni ’80 – a immagini di diverse tipologie di fonti visive (documenti, foto, volantini, relazioni, veline), a sequenze di documentari e cinegiornali. Tra tutte le testimonianze raccolte sono state selezionate quelle di alcune partigiane: Lia Corinaldi, Giuliana Gadola Beltrami, Bianca Guidetti Serra, Alda Frascarolo, Bianco, Lucia, Boetto Testori, Anna Cherchi Ferrari, Joyce Lussu, Marisa Sacco, Maria Airaudo, Carmen Nanotti, Carla Dappiano, Marisa Rodano. Il racconto storico si alterna con scene ambientate ai giorni nostri in cui vengono mostrati gli spazi dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza e il patrimonio che conserva.
La scelta della regista è stata quella di non inserire il volto delle donne intervistate per rendere al meglio l’idea di lotta combattuta da giovani. Questa strategia narrativa tenta di favorire un processo di identificazione con le protagoniste della vicenda. In altre parole, la regista tenta di attualizzare la memoria della Resistenza per consegnarla, quale bagaglio esperienziale, ai giovani di oggi, che sappiano utilizzarla quale arnese nella prosecuzione di quel cammino costante di conquista e difesa della «Non abbiate paura, non vi faccio ritardare il pranzo, parlerò tre minuti. Avrei voluto che in questo studio storico del Comitato di Liberazione Nazionale si parlasse un momentino dei Gruppi di Difesa della Donna. E debbo confessare che quando sono venuta qui a parlare, ero seccata, perché dico: ma, proprio io devo venire a parlare delle donne? Tutti gli uomini che hanno parlato prima, forse pensano che parlare delle donne non sia virile? Allora, vorrei, io vorrei, che qualche giovane studente, senza distinzione di sesso, non facciamo discriminazioni, volesse fare oggetto di studio quello che è stato il movimento femminile durante la Resistenza, dall'8 settembre al 25 aprile, per arrivare poi a vedere quella che è stata l'azione delle donne uscite dai Gruppi di Difesa e dai CLN, nelle varie Amministrazioni o nelle posizioni di Governo o di Amministrazione che hanno avuto poi allora.»
Libertà. Non è un caso che l'unica canzone del film sia nel finale, Oltre il ponte, un testo di Italo Calvino del 1958 e qui interpretato da Milva. In Oltre il ponte Calvino immagina un dialogo tra un ex-partigiano e la sua giovane figlia. Nel racconto del partigiano della guerra di Resistenza, si legge il monito dei partigiani di ieri a quelli di oggi: fare propria la storia della Lotta di Liberazione riattualizzandola nel Presente. Vorrei lasciarvi, allora, con i versi finali di Oltre Ponte nell'accettazione ideale, da giovane donna, della consegna di questa importante storia partigiana su cui si fondano le nostre attuali libertà: “Vedevamo a portata di mano oltre il tronco, il cespuglio, il canneto, l'avvenire di un mondo più umano e più giusto, più libero e lieto. Avevamo vent'anni... Ormai tutti han famiglia, hanno figli che non sanno la storia di ieri, io son solo e passeggio fra i tigli con te cara che allora non c'eri. E vorrei che quei nostri pensieri, quelle nostre speranze di allora rivivessero in quel che tu oggi speri e quello per cui tu oggi lotti!”