E ADESSO AMMAZZATECI TUTTI
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La presenza latente in Svizzera di organizzazioni malavitose e criminali assorte agli onori della cronaca nazionale ed internazionale, ha spinto parecchie associazioni italiane e alcuni circoli del Partito democratico in Svizzera a promuovere una campagna di sensibilizzazione e d’informazione sull’educazione alla legalità. Si sono tenute conferenze e organizzati concerti. Protagonista degli incontri nelle città di Berna, Friburgo, Neuchâtel e Winterthur, ai quali hanno partecipato diverse centinaia di persone assieme ad alcune classi dei corsi di lingua e cultura italiana, è stato Franco La Torre, figlio di Pio La Torre assassinato dalla mafia nel 1982, vicepresidente nazionale dell’associazione "Libera" fondata da don Luigi Ciotti venti anni fa.
È oramai risaputo che la camorra e la ‘ndrangheta in Svizzera riciclano ingenti capitali di denaro favorite dalla mancanza di un’efficace legislazione di contrasto alla mafia e di reali strumenti di controllo sui flussi finanziari. Come spesso ripete lo scrittore Roberto Saviano, "le organizzazioni criminali trovano terreno fertile là dove agiscono e prosperano nel silenzio" e nel paese rurale e idilliaco, che fu di Jeremias Gotthelf, oramai è mutata anche l’antropologia dei costumi, delle tradizioni e dei tratti tipici, che hanno segnato il passo all’internazionalizzazione del crimine organizzato.
Le mafie ovunque nel mondo hanno connessioni con il potere politico, perché è proprio il parlamento il luogo preposto al confronto democratico, dove si incontrano gli interessi e c’è una convergenza a risolvere le differenze tradotte in provvedimenti legislativi. Là dove ciò non viene perseguito vengono calpestati i diritti più elementari della democrazia ed oggi, più che mai, occorre mettere in campo strumenti efficaci per evitare infiltrazioni criminali che favoriscano la globalizzazione dell’antimafia. Un recente rapporto pubblicato dall’Europol stima che nel mondo ci siano 3600 organizzazioni criminali. Dei 120 miliardi di euro prodotti dalle attività mafiose, che vengono sottratti alle economie pubbliche nazionali, 60 vengono generati in Italia.
Dalla culla alla morte
I fatti emersi nell’inchiesta di mafia capitale confermano com’è cambiata in Italia la presenza della mafia: a differenza del passato non difende più gli interessi dei latifondisti, delle famiglie ricche e non recruta più manovalanza nei ceti sociali meno abbienti. Essa è presente ovunque: dagli interessi che si intrecciano "dalla nascita fino alla morte". La metamorfosi coinvolge i professionisti della finanza, dell’economia e della politica. I contatti sono stabiliti dagli organi di stampo criminale dominanti, che operano nei settori economici e finanziari globalizzati. La corruzione è lo strumento per entrare nella stanza del potere.
Occorre ancora lavorare per far dell’Italia un Paese normale.
La democrazia repubblicana italiana ha solo 70 anni. Nonostante ciò l’Italia è un Paese pilota nel contrasto alla mafia. Gli italiani sono stati i primi a confrontarsi con questo problema, sono consapevoli delle patologie di cui sono affetti e si sentono responsabilizzati ad aiutare gli altri a capire gli effetti nefasti di chi coabita con il male. Bisogna sollecitare gli altri Paesi ad aprire gli occhi perché la minaccia esiste ovunque e non è più circoscritta al Bel Paese; se ci giriamo dall’altra parte essa si afferma, questo il monito di Franco La Torre rivolto in particolare ai giovani.
Ai cittadini compete la battaglia per passare dal dolore all’orgoglio, all’ambizione. Grazie al continuo impegno dell’opinione pubblica gli italiani hanno smesso di essere omertosi. Questa missione straordinaria deve portare all’affermazione dei diritti elementari e civili. L’esempio dei giovani di Rosarno, che scesero in strada sfidando la ‘ndrangheta, è rimasta nell’immaginario collettivo, come le tante iniziative che si ripetono ogni anno per ricordare il sacrificio di tanti magistrati ammazzati dalla mafia.
Finalmente, sono intervenute motivazioni nuove che attraversano in particolare le coscienze, interi gruppi sociali e rappresentanti di interessi. Non vengono più accettate azioni intimidatorie. In Italia ci sono 500 organizzazioni impegnate, che si preoccupano e che vivono di lavoro dignitoso a differenza di quello offerto dalla mafia. Occorre costituire un’agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. La conoscenza e la coscienza hanno intrapreso un cammino comune.
La piena attuazione della costituzione offre gli strumenti primari per contrastare il potere malavitoso. Il diritto al lavoro, a fare impresa, alla salute, all’ambiente sicuro, la libertà di espressione e di partecipazione civile attraverso il voto sono aborriti da chi edifica quel sistema di potere. Quel sistema è oramai alle strette perché l’affermazione dei diritti non appartiene al loro argomentario, contrariamente viene avvertita come una minaccia. Senza un impegno civile si è condannati all’indifferenza, che favorisce la cultura d quel sistema.
Occorre ancora lavorare per far dell’Italia un Paese normale. Il nostro Paese non ha acquisiti gli anticorpi per essere curata dalla corruzione nonostante la presenza di 1600 organizzazioni non governative impegnate nella legalità. La normalità ha come presupposto la restituzione dell’etica alla politica, perché negli ultimi 25 anni ci siamo fatti del male. I partiti devono ritornare ad essere trasparenti, devono selezionare la classe dirigenti e ritornare a perseguire l’etica. In questo modo potrà essere ricostruita la fiducia nella cosa pubblica e nella politica parlamentare.
Si tratta di esigenze rivendicate nel quotidiano. Il diritto di voto bisogna esercitarlo continuamente, la democrazia va curata tutti i giorni. Non va bene che la politica in questi ultimi lustri abbia abdicato alla magistratura.
Quando i buoni smettono di impegnarsi i cattivi vincono. Non bisogna lasciare solo chi vuole cambiare e rispettare le regole. In un Paese che si definisce civile e democratico si presuppone che gli interessi dei cittadini vengano rispettati. Non c’è nessuno stato civile e democratico che non riesce a destabilizzare organizzazioni criminali di stampo mafioso. Con tanti sforzi la magistratura ha restituito al mercato della legalità oltre quindicimila beni sequestrati.
Il problema nel contrasto alle mafie, quindi, non siamo noi cittadini, dobbiamo smetterla di sentirci in colpa. Noi italiani abbiamo un grande compito perché ci misuriamo con questo problema da anni e siamo diventati il Paese dell’antimafia. Abbiamo la legislazione più repressiva del mondo, con un alto grado di professionalità nella magistratura e nel corpo di polizia investigativa. Basta guardarsi intorno per capire come anche in altri paesi prosperano organizzazioni con metodologie e strumenti più sofisticati e disumani di quelli conosciuti in Italia. Il parlamento europeo dopo la costituzione dell’intergruppo antimafia ha varato una direttiva per favorire e perseguire la denuncia dei reati di corruzione il cui fine dovrebbe mirare alla confisca dei beni antimafia.
Come ne usciamo fuori?
La domanda posta dalla maggioranza degli intervenuti agli incontri con Franco La Torre era semplice e la sua risposta oltre alla formulazione di un auspicio tradiva un sogno inseguito da sempre. Di fronte al male non dobbiamo parlare ma agire. Nel contrasto alle organizzazioni criminali i poteri legislativi e giudiziari devono rendere efficaci ed operative le leggi, inasprendo la detenzione dei mafiosi, confiscando i beni ed inibendo i condannati per mafia dai pubblici esercizi. Così come siamo impegnati nella lotta alla mafia, siamo chiamati a cambiare i paradigmi della cultura e dell’etica comune affinché il metro di misura non sia parametrato su ciò che siamo ma su quanto riusciamo a determinare con i nostri comportamenti, recuperando dignità e coraggio. Così possiamo dare un contributo straordinario cambiando il problema in opportunità. Restano in noi impresse le parole del giudice Giovanni Falcone: "La mafia è un fatto umano: come tutte le cose al mondo ha un inizio così avrà una fine".
Michele Schiavone