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FENOMENO MIGRATORIO TRA PAURE E SICUREZZA

Ogni epoca ha conosciuto il suo fenomeno migratorio causato spesso da catastrofi naturali, carestie, guerre o persecuzioni per motivi religiosi. In seguito alla rivoluzione industriale e alla modernizzazione delle infrastrutture di collegamento tra paesi e continenti, il fenomeno migratorio è stato alimentato dall’offerta di nuove prospettive economiche, a cui ha aspirato un’incommensurabile forza lavoro alla ricerca di diverse certezze di vita.


In questo solco va ascritta anche la diaspora italiana degli ultimi due secoli. Questa in forme e con condizioni diverse ha ripreso il cammino della speranza anche al tempo della globalizzazione, ovvero dell’annunciata quarta rivoluzione industriale. Questa è una pagina del libro di una storia collettiva tutta italiana da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.

La questione migratoria è ritornata alla ribalta delle cronache di questo inizio di secolo a causa dei numerosi micro e macro conflitti, che hanno interessato e affliggono diversi paesi in via di sviluppo. La penuria di materia prime e lo sfruttamento di ingenti aree geografiche, l’aspirazione di democratizzazione sociale e civile di intere popolazioni sottoposte al giogo di regimi dispotici assieme ai rigurgiti dei fondamentalismi religiosi, continuano ad essere al centro della fuga di milioni di persone, che si manifestano sull’uscio dei paesi occidentali chiedendo rifugio politico, protezione e una nuova opportunità di vita.

Si parla oramai di sessanta milioni di persone, un numero biblico di migranti e rifugiati, che vivono in un paese diverso da quello d’origine. Le organizzazioni internazionali, quelle non governative e umanitarie sono impegnate su diversi fronti per circoscrivere e portare a soluzione un problema di difficile soluzione sia per la mancanza di volontà politica dei paesi di partenza, sia per manifesta difficoltà di rimedio di quelli di approdo.

In Europa la mancanza di una legislazione comune dei paesi comunitari per fronteggiare l’immigrazione ha segnato il passo al ritorno su vasta scala di politiche marcatamente nazionalistiche e conservatrici favorite da un nuovo fenomeno, che riproduce paure e insicurezza: il terrorismo di matrice religiosa.
Da una parte la speranza di raggiungere l’Eldorado occidentale con le sue oramai prosciugate opportunità di lavoro ed il suo pur minimo stato sociale, dall’altra i fanatici fondamentalisti votati al terrorismo, che trovano terreno fertile nei quartieri disagiati e periferici delle grandi città, al centro le istituzioni ed i governi regionali e nazionali pavidi nell’affrontare l’emergenza dei migranti.

A nulla serve erigere muri, costruire barriere con fili spinati sgretolati dalla storia e dalla ragione dell’uomo se i governi non hanno il coraggio di prendere difficili provvedimenti risolutivi del fenomeno migratorio. La politica non è fine ai risultati elettorali e al potere, ma resta uno degli strumenti messi a disposizione dei cittadini per governare i processi che si manifestano nella società. Quando un leader politico di uno dei paesi più ricchi d’Europa, incurante degli effetti elettorali e delle forti resistenze manifestate dal suo partito e dalla coalizione di governo che lo compone, oltre a compiere un imprevisto e inatteso gesto umanitario verso un milione di persone messosi in cammino per sfuggire dalla guerra e dalla povertà, dimostra il coraggio di credere nei propri principi e li realizza in tempi difficili della storia come quelli che stiamo vivendo, allora possiamo testimoniare di essere di fronte ad uno statista, che con una decisione straordinaria ha riscattato le atrocità di cui si era macchiata nel secolo scorso.

Un comportamento contrario da chi, nelle grandi città europee, da Parigi, a Londra a Colonia, lucra sulla sicurezza e rievoca quella diversità antropologica, che ha compiuto i peggiori misfatti che la storia possa ricordare.

Di fronte al tetro scenario dei profughi che raggiungono le coste meridionali dell’Europa, la Commissione europea deve agire non solo per risolvere l’emergenza ma dovrà preoccuparsi di aggiornare una politica dell’accoglienza capace di regolamentare i flussi migratori a breve e medio termine.

Michele Schiavone

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