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ABOLIRE IL CANONE RAI PER I RESIDENTI ALL’ESTERO: LA PROPOSTA DEI PD ESTERO ALLA COMMISSIONE TRASPORTI

È stata assegnata alla Commissione Trasporti della Camera la proposta di legge dei deputati Pd eletti all’estero – Farina, Porta, la Marca, Fedi, Tacconi e Garavini – per abolire il canone Rai per i residenti all’estero. La proposta di legge - Modifica all'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, in materia di esenzione dal pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni per gli apparecchi detenuti in unità immobiliari possedute da cittadini italiani residenti all'estero – sarà sottoposta ai parerir delle Commissioni Affari Costituzionali, Affari Esteri, Bilancio e Finanze.


Nella presentazione del testo, i deputati ricordano che “il pagamento dell'abbonamento del canone RAI si basa su due presunzioni fissate dal regio decreto-legge n. 246 del 1938, convertito dalla legge n. 880 del 1938: la detenzione di apparecchi adattabili alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre e piattaforma satellitare o la presenza di un impianto aereo atto alla captazione o alla trasmissione dei segnali televisivi. A queste prime due presunzioni – aggiungono – il legislatore, nella legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha voluto aggiungere una terza presunzione che collega il presunto utilizzo degli apparecchi radioriceventi a un contratto per l'energia elettrica e alla residenza anagrafica nel luogo di detenzione dell'apparecchio. In altre parole, il pagamento del canone RAI è subordinato – ancorché non esclusivamente ma significativamente – alla residenza anagrafica nel luogo dove si detengono gli apparecchi soggetti al canone”.

“I cittadini italiani residenti permanentemente all'estero, e quindi iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, - annotano i deputati Pd – non solo non hanno la residenza negli immobili posseduti in Italia, ma non usufruiscono per tutto o la maggior parte del periodo di imposta delle trasmissioni radiotelevisive italiane nei suddetti immobili. Inoltre la grande maggioranza di loro paga un analogo canone nel Paese di residenza e non riesce a capire i motivi per i quali debba finanziare il servizio pubblico televisivo in Italia visto che non può usufruire a livello pratico di tale servizio perché residente a centinaia o a migliaia di chilometri di distanza dall'abitazione per la quale gli viene richiesto di pagare il canone Rai”.

Obiettivo della proposta di legge, dunque, è quello di “esentare dal pagamento del canone RAI i cittadini italiani residenti all'estero sia per ragioni di logica e di giustizia fiscali sia per venire incontro a quelle che noi riteniamo le ragionevoli richieste dei nostri connazionali”.
Due gli articoli che compongono il testo.

Art. 1. (Modifica all'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880).
1. All'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
“Il canone di abbonamento non è dovuto in relazione agli apparecchi detenuti nelle unità immobiliari possedute in Italia, a titolo di proprietà o di usufrutto, da cittadini italiani non residenti in Italia e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, a condizione che l'unità immobiliare non sia locata o concessa in comodato d'uso”.

Art. 2. (Copertura finanziaria).
1. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui alla presente legge, pari a 1 milione di euro annui a decorrere dal 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio”.

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