IL VOTO ALL’ESTERO E LE LEGGENDE METROPOLITANE
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Succede oramai da qualche lustro e sembra un refrain, che si ripete con progressiva enfasi dalle prime votazioni legislative tenutesi nella ripartizione estero nel 2006. Da dieci anni, oramai, gli italiani all’estero sono chiamati a partecipare direttamente alle scelte politiche nazionali in ottemperanza dell’articolo 48 della costituzione. Il loro voto, però, continua ad essere oggetto di acuti e contraddittori scambi di valutazioni tra schieramenti avversi.
Anche in questa tornata il quesito referendario è diventato argomento di disputa politica e le elettrici e gli elettori italiani all’estero, ai quali la costituzione italiana garantisce piena rappresentanza politica mediante il diritto di voto, vengono tirati per la giacca perché quest’ultimo, a detta di qualche santone della politica e di alcuni saggi di diritto costituzionale, risulterebbe inficiato da brogli, manomissioni ed è macchiato di insufficiente credibilità.
A chi dà libero sfogo a questa leggenda metropolitana ci viene spontaneo chiedere se c’è fondatezza nelle loro affermazioni e se ,nel dubbio, gli stessi argomenti usati oggi per l’estero abbiano concorso parimenti in altri periodi storici a mettere in discussione i principi costituzionali del voto in Italia? Questi principi vengono rispettati e quali sono le condizioni, che garantiscono l’espressione del voto libero, diretto e segreto? È responsabile affermare che nella circoscrizione estero per garantire il voto è necessario inviare gli ispettori OSCE? È giustificabile che per pura propaganda elettorale ed interessi di parte si arrivi a denigrare l’operato di migliaia di persone che hanno preparato il processo elettorale?
Differenziare il diritto dalla pratica elettorale sicuramente aiuterebbe a superare il dilemma. Ma occorre la volontà politica e la lungimiranza a concepire una comunità inclusiva, perché le polemiche a cui si assiste, purtroppo, lasciano il tempo che trovano. Dall’estero si ha la sensazione che invece di discutere e informare i cittadini sul quesito referendario, i grandi e piccoli strateghi, si dilettano a confabulare per mettere le mani avanti sull’esito referendario. In questa strategia si è anche insediata la polemica sul voto all’estero, sulla sua attendibilità e sulla sua correttezza.
Allora siamo in tanti a chiederci: perché non siano stati apportati i provvedimenti risolutivi già nelle precedenti tornate elettorali o referendarie? Ce ne accorgiamo solo oggi del presunto problema, dopo che in maniera spasmodica entrambi gli schieramenti referendari hanno girovagato nei vari continenti, abusando anche dei rapporti diplomatici tra Stati e invadendo la quiete culturale e politica dei Paesi ospitanti? Cosa avrebbero detto gli stessi banditori delle congiure antistranieri se questi atteggiamenti si fossero verificati sul territorio italiano? È facile intuirlo, ma è difficile ammetterlo.
A legislazione vigente il voto degli italiani all’estero è un’espressione partecipativa di cittadini uguali e non subordinati a chi risiede nella madrepatria. E questo diritto non viene sancito solo nella nostra costituzione, ma è riconosciuto anche in tantissime democrazie occidentali. Diversamente bisognerebbe cambiare la costituzione oppure riformare la modalità di voto. Questo, però, non è un problema dei cittadini elettori italiani all’estero ma, sarebbe giusto aggiungere, della qualità della politica e del legislatore italiano.
All’estero gli italiani non si sarebbero mai sognati, come purtroppo è successo per questo referendum, di emulare comportamenti polemici, discutibili e difformi dalle pratiche politiche locali. In tanti usando i social e i moderni media della comunicazione si sono lasciati andare ed hanno scimmiottato l’agorà italiana integrando localmente i peggiori esempi di cui si nutrono le contraddittorie pratiche politiche italiane.
Si vuole ben sperare che il voto referendario espresso dagli italiani all’estero non diventi per i futuri analisti materia di dibattito pubblico e decisivo per le sorti dell’Italia. Quest’ipotesi è da scongiurare come sarebbe auspicabile, che la politica nel nostro Paese ritornasse a riscoprire e praticare quel ruolo nobile che le si addice, perché sempre dall’osservatorio di chi ama ancora il proprio Paese - e gli italiani all’estero lo dimostrano continuamente -, ci auguriamo che l’Italia ritorni presto a respirare aria di normalità. Lo merita la nostra gente ovunque essa risieda.
Michele Schiavone