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DALL’ATTACCO AL VOTO ALL’ESTERO A GENTILONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO: LE RIFLESSIONI DI FARINA (PD)

"L’attacco al voto all’estero nel corso della campagna referendaria è una pagina nera della nostra storia". Parte da qui l’ultima newsletter di Gianni Farina, deputato Pd eletto in Eurpa, che affida al web le sue riflessioni su quanto accaduto in questo ultimo mese in Italia e all’estero attorno al referendum, sino all’elezione di Paolo Gentiloni a nuovo presidente del Consiglio.


"I giorni della vergogna!
Il popolo ha deciso. Punto e a capo. Inutile, ora, recriminare sugli errori commessi dal presidente del consiglio, Matteo Renzi, sull’eccesiva personalizzazione della “campagna referendaria”. In genere, i critici sono gli stessi che gareggiavano nelle iperboli per divinizzare la figura del nuovo messia. La storia è nota. La vittoria ha mille poeti. La sconfitta è muta. E ciò vale, soprattutto in Italia, patria dei gattopardi e di miseri voltagabbana di cui è ricca la politica romana e non solo. Lo spettacolo delle consultazioni al Quirinale e il folto manipolo di rappresentanti del cespuglio parlamentare in cerca del minuto di gloria, sono la plastica dimostrazione del perché la riforma sarebbe stata un toccasana per ridare nuova linfa alle istituzioni repubblicane. Non essendo mai stato della squadra del presidente del Consiglio, pur sostenitore convinto della riforma, per la cui approvazione ho combattuto, esprimo oggi il rispetto per l’uomo e per la dignità con cui ha rassegnato le dimissioni da capo del governo. Chi non è cieco e settario saprà valutare i pro e i contro di quanto avvenuto.

L’amarezza degli italiani all’estero

A chi all’estero, tra gli italiani nel mondo, ha combattuto la battaglia per il sì, contribuendo all’affermazione di quello splendido risultato (65%) a favore della riforma, rimane l’amarezza per come si è guardato al mondo dell’emigrazione: al suo diritto a partecipare alle vicende politiche della repubblica, alla sua storia, alla ricchezza di una comunità, al contributo che essa ha dato al riscatto della nazione nel corso di tutta la storia repubblicana. Noi non intendiamo, né possiamo dimenticare. Speculando su eventuali disguidi, sempre possibili, in una operazione elettorale che ha coinvolto oltre quattro milioni di elettrici e di elettori, forze politiche dalla dubbia valenza democratica, per non dire eversive, schierate per il no, hanno demonizzato la consultazione referendaria nel mondo sino a mettere in dubbio la validità della consultazione nel caso di un sì decisivo, per l’approvazione della riforma, da parte degli elettori italiani all’estero. Squallidi personaggi: alcuni, già sostenitori del secessionismo; altri, nostalgici dall’inglorioso passato totalitario e fascista, portatori di messaggi xenofobi e razzisti; altri ancora, populisti dell’uomo qualunque, che guardano alla loro pancia, nel mentre eludono l’urlo di chi non ha voce e meriterebbe il sostegno di politici più onesti, consapevoli e solidali. Per una volta, eravamo noi, i veri nemici. Noi, con i nostri sogni di cittadini italiani, portatori di straordinarie esperienze democratiche e di vita vissuta nelle terre d’Europa e del mondo, accantonate, per l’occasione e per spirito di parte, anche in settori politici progressisti: la critica, ingiusta e ingenerosa, all’organizzazione della consultazione all’estero, accomunata al pianto di coccodrillo per la perdita dei sei senatori eletti nel mondo.

Consolidare la nostra rappresentanza

In verità, è accaduto quanto già molti di noi pensavamo: la politica romana (per la verità, la riforma bocciata, a merito del presidente Matteo Renzi e della ministra Maria Elena Boschi, consolidava i 12 componenti alla camera dei deputati) è maggioritariamente contraria al voto all’estero. Lo è oggi e lo era ieri, quanto l’ha subito in una stagione politica contrassegnata da un forte ottimismo partecipativo e democratico (istituzione del collegio estero, con il governo ulivista di Prodi, D’Alema e Amato), incalzata dal pronunciamento del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, l’organismo rappresentativo dell’emigrazione italiana, di cui faceva parte anche l’onorevole Tremaglia, acceso sostenitore della riforma. E nulla ha fatto la politica, dal 2006 e sino ai nostri giorni, per valorizzare la presenza dei 18 rappresentanti dell’estero nel parlamento repubblicano, in ciò aiutata dalla miopia di tanti eletti, immiseriti in una battaglia corporativa e di pura visibilità personale, generalmente avversa degli interessi generali della comunità italiana. La sua contrarietà all’istituzione di una commissione bicamerale permanente (proposta di legge presentata dal sottoscritto nel corso delle legislature e disattesa, con l’aiuto interessato degli eletti all’estero) per affrontare concretamente i problemi della nostra collettività, ne è una prova. Si chiude una triste pagina. Rimane una certezza. La partecipazione protagonista dei connazionali. Vediamo di esserne degni.

Il nuovo governo Gentiloni

Al di là della retorica politica e dei falsi proclami, andare al voto non era e non è possibile con due leggi elettorali difformi per Camera e Senato. Il Paese non poteva restare senza governo in attesa del verdetto della Consulta previsto per il 24 gennaio. Va fatta la nuova legge elettorale, come ha richiamato il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Sono rimasti aperti i dossier che vanno chiusi e in agenda abbiamo importanti appuntamenti internazionali che devono trovare l’Italia con un governo “nella pienezza delle sue funzioni”. Il Partito democratico si è assunto la responsabilità e si è caricato sulle proprie spalle il peso della governabilità del Paese. Lo abbiamo fatto altre volte. Nel rispetto della Costituzione, per il bene dell’Italia e per il bene dell’Europa! In questo nuovo passaggio di legislatura, vi assicuro che gli italiani all’estero non saranno spettatori, ma partecipi e destinatari delle soluzioni che si adotteranno".

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